La storia di Marco: da adolescente eroinomane a Chef,
fino alla ricaduta
Marco ora ha 32 anni e da un 1 mese frequenta Villa Maraini in cura presso il servizio SPOT (Servizio Psicoterapeutico, Osservazione e Trattamento).Romano, di famiglia benestante con genitori laureati, inizia a 12 anni il consumo di sostanze utilizzando cannabis con gli amici. Da quel momento e per tutto il liceo classico, che porta a termine nei tempi ordinari, inizia un consumo legato allo svago, durante feste con amici o solo nel week end. Come avviene in molti casi, parla del suo approccio al consumo di sostanze come legato alla socialità, per aumentare l’euforia e vincere le timidezze del periodo adolescenziale.
Il passo dalla cannabis all’abuso di sostanze psicoattive come ecstasy, ketamina, lsd è pressochè immediato e dura fino all’età di 17 anni quando fa lo step successivo: come in tutte le storie di dipendenza, passa al consumo di una delle sostanze primarie: la cocaina.
Questo è un passaggio chiave nella sua vita perché dopo i primi tempi in cui la “pippava” inizia a fumarla, cambiando il panorama delle motivazioni che lo spingono a consumare: addio socialità ed euforia tra amici, benvenuto consumo in solitudine, per cercare di stare meno male nella propria vita. Quello che era nato come un classico moto adolescenziale di ribellione ai divieti della società, alla sua ipocrisia ecc. si tramuterà in una trappola fatta di sconfitte e sofferenze.
Fumare cocaina ti porta in uno stato di agitazione tale e perenne che non puoi più svolgere le normali funzioni vitali come il dormire, quindi si passa all’uso e abuso di psicofarmaci. Anche gli psicofarmaci non bastano più e Marco spalanca la porta al sedativo per eccellenza: l’eroina.
A soli 18 anni l’eroina diviene la sua sostanza primaria di abuso, vitale per farlo stare bene in tutte le situazioni di difficoltà, facendolo sentire sempre all’altezza della situazione.
Come noto l’uso di sostanze come l’eroina ti impediscono di svolgere una vita regolare, così Marco, a soli 20 anni, abbandona l’università e si chiude in un’esistenza basata e regolata solo dal consumo, al punto che anche i genitori ne prendono coscienza e dopo il primo smarrimento iniziale, concordano con lui un tentativo “casalingo” di disintossicazione, supportato da psicofarmaci prescritti dal medico di base.
Marco racconta che: ”Stavo sempre peggio perché l’astinenza non poteva essere superata solo con gli psicofarmaci, allora ho convinto i miei a portarmi a Villa Maraini dove sapevo mi avrebbero potuto somministrare il metadone. Così una domenica mattina ci siamo presentati alla Fondazione e sono stato accolto da un operatore ex tossicodipendente che, dopo avermi fatto somministrare il metadone dai medici di turno, mi ha fatto parlare del problema. L’alternativa c’era, ero così giovane che potevo cambiare la mia situazione, ma solo attraverso un percorso terapeutico. Di lì a poco sono entrato nella Comunità Terapeutica.”
Prosegue Marco: “Purtroppo il percorso all’inizio era inficiato dal fatto che avevo accettato di curarmi solo per “amore di mamma”, ovvero per non vedere la delusione negli occhi dei miei genitori. La droga mi aveva così destabilizzato e confuso che non sapevo più cosa volessi veramente. Grazie agli psicologi e alla terapia metadonica che mi ha stabilizzato, dopo 2 mesi ho capito come fosse cruciale impegnarmi per me stesso e non per gli altri. Quei mesi furono difficilissimi avevo il sistema nervoso distrutto dalle sostanze, scoppiavo a piangere per ogni difficoltà. Poi, dopo un impegno in termini di energia pazzesco, a 22 anni ho finito il programma .”
Inizia una nuova vita per Marco che decide di fare una scuola per diventare chef, che porta a termine con successo ed inizia a lavorare in giro per l’Europa, per poi stabilirsi in nord Italia, attraversando otto anni di soddisfazioni e successi in ambito lavorativo e personale.
“Fino ad un anno e mezzo fa non pensavo più all’eroina, avevo superato il problema poi una serie di situazioni molto difficili da superare mi hanno messo in grave difficoltà ed ho sentito che cresceva in me la voglia di ritornare da lei, dall’eroina. Come succede sempre in questi casi, mi sono ripromesso che sarebbe stato per una volta e basta, ma non è stato così e come un copione di un film già visto, sono ripiombato nell’abuso quotidiano. La mia compagna si è accorta del problema e siamo corsi ai ripari cercando la solita disintossicazione home made: chiuso in casa con i farmaci. Ma la cosa non ha funzionato e quando quella volta sono stato fermato dalla polizia in evidente stato confusionale, legato sia all’astinenza che agli psicofarmaci assunti, ho capito che dovevo tornare in un percorso di cura strutturato.”
Prosegue Marco: “Il primo programma di cura a Villa Maraini mi ha salvato la vita perché sarei potuto morire di overdose a 20 anni e invece ho potuto lavorare su me stesso regalandomi 10 anni di vita drugs-free. Ma il lavoro in cucina ti prova molto, ho conosciuto colleghi che utilizzano sostanze o alcol per sopportare lo stress; aggiungiamoci poi i problemi di coppia e il non aver vegliato su di me, dimenticando di usare quegli strumenti che mi erano stati dati in comunità, così, giorno per giorno, ho aggiunto pezzi al puzzle perfetto per formare la parola “RICADUTA”.”
Dal racconto di Marco capiamo come la droga è un qualcosa che rimane lì, latente nella tua mente per tutta la vita e appena si abbassa la guardia può farti ricadere.
“Ora spero che anche tramite il lavoro fatto a SPOT, potrò focalizzare quali sono stati i problemi che mi hanno fatto deviare e che possa riprendermi quella vita che mi ero costruito, con la consapevolezza che dovrò sempre “vegliare” su di me facendomi costantemente aiutare attraverso colloqui psicologici regolari” conclude Marco.