Dieci anni di lavoro con giovani tossicodipendenti

in regime ambulatoriale

VINCENZO PALMIERI, PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA E RESPONSABILE DEL SERVIZIO TIA, FONDAZIONE VILLA MARAINI ONLUS

LAURA ROSI, PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA PRESSO IL SERVIZIO TIA, FONDAZIONE VILLA MARAINI  ONLUS

 

Premessa

Alla soglia dei dieci anni dalla creazione del Gruppo Giovani, insieme alla dott.ssa Laura Rosi ho deciso di “fare il punto” su quanto fatto finora, per poter riflettere sulla strada percorsa e trovare nuovi spunti per quella ancora da percorrere, anche alla luce dell’aumento dei ragazzi che in età sempre più precoce si rivolgono al nostro Servizio.

Ricordo molto bene quando, nel marzo 2010, io ed Enrico Corrias decidemmo di creare ed organizzare un gruppo dedicato in modo specifico ai ragazzi giovani che si rivolgevano a Villa Maraini presso il Servizio TIA, Trattamento integrato ambulatoriale. Questo ricordo mi dà una forte emozione, in quanto Enrico ci ha lasciati prematuramente a causa delle conseguenze dell’epatite C, che attualmente si debella completamente: in soli dieci anni moltissime cose sono cambiate.

Quella decisione fu motivata da numerosi fattori. Innanzitutto, la morte di un ragazzo di 21 anni in carico insieme alla famiglia presso il Servizio ci aveva molto scosso, e aveva rafforzato in noi la consapevolezza che fosse necessario offrire un intervento diversificato per i giovani tossicodipendenti. Sia io che Enrico avevamo dei figli adolescenti all’epoca, e anche questo aspetto personale ha sicuramente influito, acuendo la nostra sensibilità e indirizzando il nostro agire. Inoltre, in quel periodo sempre più ragazzi tra i 15 ed i 25 anni facevano richiesta, insieme alle famiglie, di essere sostenuti ed aiutati ad uscire dalla droga, ed abbiamo compreso che era necessario creare uno spazio a loro dedicato, in quanto il loro linguaggio, le loro esigenze ed il loro modo di esprimerle erano sicuramente diversi da quelli di persone tossicodipendenti in altre fasi di vita.

Sapendo come a questa età il rapporto con la sostanza è ancora in fase di luna di miele (M. Barra 1982,1997) e quindi di difficile trattamento, crediamo che cogliere l’occasione per un intervento precoce sia stata una grande scommessa che ancora oggi ci vede in campo con tanta energia e consapevolezza.

Il nostro compito è  delicato ma anche molto gratificante: i giovani sono al contempo estremamente resilienti ed estremamente delicati, e occuparsi di loro è una sfida continua che però comporta il privilegio di osservare l’interruzione di un volo distruttivo e il rifiorire di tante risorse.

Non tutti i 120 giovani accolti al TIA hanno potuto  seguire il gruppo, alcuni per ragioni logistiche altri per lavoro e orari non compatibili. Anche coloro che non hanno partecipato al gruppo sono stati seguiti individualmente e quindi sono inclusi all’interno di questo lavoro.

Un sentito ringraziamento ai colleghi psicologi: dott. Alessandro Arestia, dott.ssa Maddalena D’Urzo, dott.ssa Federica Gasperini, dott. Alberto Ingrassotta, dott.ssa Susanna Macciò, dott.ssa Stefania Molle, dott.ssa Maria Celeste Napolitano,  dott.ssa Anna Pucciariello, dott.ssa Laura Rosi, dott.ssa Annamaria Ruggerini, dott.ssa Anna Zaccagnini. Ringrazio Valeria Amori, nostra tirocinante, per aver contribuito all’inserimento dei dati e i nostri operatori sociali Fulvio Campanile ed Enrico Lazzari che hanno coadiuvato l’accoglienza dei ragazzi e il loro accompagnamento nel programma.

Un ringraziamento particolare a Beatrice Coladarce che dopo essere stata partecipante del gruppo nel suo percorso individuale, dopo la sua crescita personale e universitaria per alcuni anni è stata al mio fianco nel gruppo come valida operatrice e peer educator,e infine a Massimo Barra che con la sua tenace genialità ha creato e sviluppato Villa Maraini diventata Agenzia Nazionale per le Tossicodipendenze  per la CRI e  Centro di riferimento Internazionale  per le Società di Croce Rossa e Mezza Luna Rossa.

Vincenzo Palmieri

 

TIA-Trattamento Integrato Ambulatoriale: cos’è e come funziona

Il Servizio nasce nel 1986 da un’idea di Massimo Barra come help linetelefonica (Telefono in Aiuto da cui poi deriva l’acronimo) e nel tempo diventa un punto di riferimento per quei pazienti che hanno già provato altri percorsi terapeutici non traendone giovamento o che non possono frequentarli per motivi di lavoro o di studio.

Coerentemente con la filosofia di intervento che muove l’intera Fondazione, ossia che “è la terapia che deve adattarsi al paziente e non viceversa”, il Servizio intercetta quindi tutte quelle persone che altrimenti non avrebbero potuto affrontare un percorso terapeutico residenziale per affrontare i loro problemi di dipendenza patologica da sostanze o comportamenti (gioco d’azzardo patologico, sex addiction, dipendenze teconologiche, dipendenze affettive…).

In particolare, a partire dal 2000, una grande parte dell’utenza del TIA inizia ad essere costituita da cocainomani, in quanto tale sostanza invade il mercato e diventa più accessibile a un numero sempre maggiore di persone. Dal 2012 il TIA non percepisce più alcun finanziamento pubblico (il Comune di Roma lo aveva fatto fin dal 1986) e si auto sostiene con il contributo degli utenti e delle loro famiglie.

Il servizio racchiude in sé vari livelli di intervento, con differenti obiettivi:

  • Consultorio, dove il rapporto telefonico e/o personale si caratterizza per essere di breve durata, con un richiedente che espone il problema ed un operatore addetto al counselling che trasmette all’utente l’informazione adeguata;
  • Servizio di Primo Livellodove accogliere ed orientare l’utente per interpretare e ridefinire le sue necessità, valutandone la motivazione e le risorse, costruendo un piano terapeutico personalizzato di recupero. La terapia stabilita si potrà svolgere a livello ambulatoriale proprio al TIA, oppure presso uno dei servizi tra quelli esistenti a Villa Maraini;
  • Servizio Specialistico di Secondo Livello, dove inizia il percorso terapeutico utile anche a sviluppare le risorse fisiche, psicologiche e sociali necessarie ad affrontare la terapia, per quei soggetti che studiano o lavorano e che non possono/vogliono frequentare strutture residenziali. La durata del programma è triennale e si caratterizza per il trattamento psicoterapico settimanale, la frequenza ad un gruppo di terapia settimanale e a controlli delle urine bisettimanali. Tale programma è indicato anche per le dipendenze comportamentali (Gioco patologico, Dipendenza da Internet, ecc.);
  • Un Servizio Famiglie, che è finalizzato ad accompagnare il figlio/a, fratello, marito o moglie nel percorso di cambiamento attraverso gruppi ed incontri ad hoc. Utile anche per supportare le famiglie che hanno dubbi sui comportamenti dei loro figli o che ancora non riescono a convincerli a farsi aiutare.

Nel corso degli anni si è reso evidente come l’età per l’esordio di un disturbo da dipendenza da sostanze sia sempre più precoce, e tale dato ha condotto alla scelta di creare uno spazio privilegiato adibito ai giovani.

La fascia di età presa in considerazione va dai 15 ai 25 anni, seppur possono essere presenti eccezioni motivate dallo stile di vita: ad esempio, un 24 enne sposato con figli, nonostante l’età anagrafica, condurrà una vita sicuramente connotata da aspetti di maturità superiori ai suoi coetanei e per questo viene ritenuto utile farlo confrontare in un setting gruppale adulto.

 

La tossicodipendenza giovanile: caratteristiche e peculiarità

Se è sicuramente vero che le sostanze sono le stesse, è altrettanto vero che l’incontro con la sostanza è diverso in base ad ogni persona ed alla fase di vita che sta attraversando.

L’incontro con le sostanze stupefacenti avviene spesso in giovane età, in particolare durante l’adolescenza  e assume diversi significati.

L’adolescenza è il periodo cruciale per la sperimentazione della maggior parte delle sostanze legali o illegali, ma sebbene l’opinione comune, le istituzioni e la letteratura scientifica siano concordi riguardo la forte connessione fra questa fase della vita e l’uso di droghe, molti aspetti di questa connessione sono tuttora inspiegati (Baiocco, Couyoumdjian, Del Miglio, 2005). Alcuni fattori tipici dell’adolescenza, però, possono essere facilmente messi in connessione con l’uso di droghe, per chiarire la forza di questa associazione (Gambini, 2005).

 

  • La ricerca del rischio.Questo, ad esempio, è un aspetto caratterizzante l’adolescenza in cui, a seguito dei cambiamenti legati alla pubertà, l’individuo è chiamato a ridefinire se stesso e sperimentare le proprie reali possibilità. Il rischio è qui associato al bisogno di mettersi alla prova per dimostrare a se stessi e agli altri il proprio valore (Gambini, 2005). Esso corrisponde anche alla ricerca di sensazioni forti, come la vertigine e l’ebbrezza, che si provano una volta che viene superato un pericolo. Zuckerman (1979) identifica un tratto di personalità caratterizzato dalla ‘ricerca di sensazioni’, proprio di individui che hanno bisogno di sottoporsi al rischio: “le persone che presentano questo tratto hanno bisogno più di altri di ricevere stimolazioni dal proprio ambiente, e se non le ricevono in modo sufficiente le ricercano attraverso altre vie […] fra cui l’uso di droga”(Zuckerman, 1979, p.27).
  • La ricerca di una maggiore sicurezza relazionale.A seguito dello sviluppo puberale, l’adolescente è desideroso di costruire nuove relazioni, specialmente con giovani del sesso opposto, ma contemporaneamente è intimorito da questa novità. Come descritto da Erikson (1950), solo quando si è raggiunta la costruzione della propria identità è possibile entrare in relazione intima con un altro senza temere di perdersi o di essere sopraffatti e questo non è possibile per un adolescente che sta ancora definendo la propria identità. In quest’ottica, le sostanze possono essere viste come uno strumento per mitigare una paura di tipo relazionale, soprattutto se utilizzate insieme al gruppo dei pari per facilitare la comunicazione e la condivisione dei sentimenti.
  • Ricerca di emancipazione e di appartenenza. Contemporaneamente allo svincolo dalla famiglia, l’adolescente si inserisce in un gruppo di coetanei attraverso cui potrà sperimentare il mondo esterno. Il gruppo svolge una funzione di appoggio e sicurezza nel momento in cui l’adolescente tenta di allontanarsi dalla famiglia ed è proprio in questo passaggio da un sistema all’altro che per alcuni giovani la droga può svolgere una funzione significativa. Essa può assumere il significato di una sfida nei confronti degli adulti e allo stesso tempo consentire all’adolescente di sentirsi simile ai suoi coetanei, specialmente in un gruppo in cui si siano diffusi dei comportamenti di consumo di sostanze.
  • La necessità di difendere la propria reputazione e di definire l’identità. Definire la propria identità è un compito evolutivo importante, ma non può essere portato a compimento senza tener conto del tipo di atteggiamento che gli altri manifestano verso di noi (Mead, 1934). L’adolescente, più che un individuo in altre fasi della vita, è alla ricerca di spazi e occasioni in cui essere considerato positivamente e nel caso non sia possibile affermarsi in senso positivo, sceglierà di identificarsi con modelli negativi. La tossicodipendenza consente al giovane di costruire una propria reputazione e di definire un’identità all’interno del gruppo.
  • Tentativo di ridurre il disagio. I cambiamenti che accompagnano l’adolescente possono sia essere fonte di orgoglio, in quanto segno di crescita, ma anche di incertezza e paura. Uno stato di disagio evolutivo durante l’adolescenza è da considerarsi normale,  mentre uno stato di vera e propria crisi può essere un fattore precipitante per alcuni comportamenti negativi: la droga, ad esempio, può essere vista come una possibilità di fuga dal disagio connesso a questo stato di cambiamento globale. Coleman (1980) propone un modello focale per cui, nei diversi momenti dell’adolescenza, il soggetto affronta blocchi di problemi concentrandosi su uno alla volta. Una crisi può insorgere nel momento in cui più compiti si presentino contemporaneamente, impedendo al soggetto di gestirli, precipitandolo da un normale disagio evolutivo ad una vera e propria fase di disadattamento.

 

Ottica multifattoriale nell’analisi del fenomeno

La tossicodipendenza è un fenomeno che coinvolge un gran numero di fattori, fra cui quelli biologici, sociologici e psicologici.

Essendo un fenomeno complesso, è chiaro che la sua comprensione deriva da un’integrazione di questi fattori anziché dall’isolamento di uno solo di questi. Alcuni di questi aspetti sono stati oggetto di un gran numero di studi, per comprenderne la relazione con lo sviluppo della tossicodipendenza, come ad esempio gli aspetti temperamentali (Cloninger, 1993; Zuckerman, 1979; Shaw, 1996), le implicazioni neurofisiologiche (Cannizzaro, 2005; Tassin, 1998) e gli aspetti sociologici. Questi ultimi sono tesi a mettere in luce il costante rapporto di definizione reciproca che si evidenzia fra la dimensione individuale e quella collettiva e rispetto alla tossicodipendenza si evidenzia come, ad esempio, il fenomeno sia fortemente influenzato dalla condizione socio-economica e anche che la dipendenza da una sostanza o da un comportamento sia nutrita e supportata da immagini e mitologie sociali. Sempre da questo punto di vista, Bergeret (1983) sottolinea come la progressione delle tossicomanie sia un indice di un reale smarrimento registrato al livello della nostra civiltà, dove vengono a mancare ideologie che corrispondano a bisogni reali non riconducibili esclusivamente a soddisfazioni materiali. Un modello teorico importante al fine di non trascurare i vari aspetti contestuali implicati nello sviluppo del fenomeno della tossicodipendenza, è la teoria ecologica dello sviluppo (Bronfenbrenner, 1979). Secondo questa teoria, l’individuo è in contatto diretto con un microsistemadi cui fanno parte ad esempio la famiglia, il gruppo dei pari, la scuola, questo se ci si riferisce ad un adolescente rispetto al quale hanno grande importanza le caratteristiche temperamentali dell’individuo. Il microsistema è inserito nel mesosistema, che è appunto costituito da due o più contesti ambientali ai quali l’individuo partecipa direttamente e alle loro interconnessioni. L’esosistemacomprende invece almeno un contesto con cui la persona non ha rapporti diretti, ma che esercita influenza sul contesto in cui si hanno rapporti diretti: ad esempio, il contesto lavorativo dei genitori influenza le relazioni familiari. Il macrosistema, infine, è un contesto sovrastrutturale che condiziona micro, meso e esosistema e media l’insieme delle norme o delle credenze culturali tipiche della società in cui l’individuo vive e quindi pur non essendo in contatto diretto con l’individuo, ne condiziona fortemente l’esistenza (Bronfenbrenner, 1979).

Un altro fattore importante è come sia cambiato il mercato della droga dagli anni ’60 fino ad oggi,  come sia mutato il consumo in base al mutare delle esigenze sociali, aspetto che non va trascurato per non commettere l’errore di sovrapporre generazioni molto diverse accomunate esclusivamente dall’uso di droga (Avenia, 2001).

La giovane età può quindi rappresentare un fattore di rischio ma anche un fattore protettivo, in quanto la possibilità di recuperare un funzionamento adeguato in tutti gli ambiti della vita e di ridurre il livello di compromissione dovuta alle sostanze, può aumentare in base alla tempestività dell’intervento.

Vista la grande importanza della definizione identitaria e del ruolo svolto dal gruppo dei pari sulla stessa,  abbiamo deciso di creare un “Gruppo Giovani”a cadenza settimanale come gli altri gruppi in essere, al fine di poter lavorare sulla tossicodipendenza con un focus specifico in base alla fase di vita.

Tale decisione nasce dal principio per cui l’intervento terapeutico risulta efficace nel momento in cui viene individualizzato sul paziente, filosofia della Fondazione Villa Maraini fin dalla sua nascita nel 1976.

L’istituzione del gruppo Giovani risale al 2010 e dopo dieci anni è stato deciso di presentare i dati relativi a tale periodo e al lavoro svolto fino ad oggi.

Non tutti i giovani hanno partecipato al gruppo terapeutico , 60 su 120, ma si è deciso di raccogliere i dati relativi all’intero campione al fine di avere una fotografia di questa utenza in carico al Servizio e le eventuali differenze tra i due gruppi.

 

I dati generali

Il campione: il campione in esame è composto da 120 soggetti, di cui 89 ragazzi (74,16%) e 31 ragazze (25,84%), 7 di nazionalità straniera. L’età di arrivo al Servizio va dai 15 ai 25 anni, con un’età media di 20 anni e 3 mesi.

Comparando i dati dell’ultima Relazione al Parlamento del Dipartimento Politiche Antidroga,  si vede un’alta partecipazione di sesso femminile rispetto alla media nazionale (14%) ed una buona capacità di intercettazione precoce, dato che la media dell’età di arrivo ai servizi è di 31 anni, dopo almeno 7,5 anni di consumo per ch consuma oppiacei e addirittura 10 per i cocainomani.

Livello di scolarità: il campione è equamente diviso tra il 50% da ragazzi con la licenza media inferiore e il resto da ragazzi con licenza media superiore. Solo uno aveva interrotto gli studi con la licenza elementare mentre da notare che 38 di loro ancora studiavano o studiano, soprattutto all’Università.

Occupazione: il campione è costituito per il 31% da studenti (38 soggetti) e per il 25% da disoccupati (30 soggetti); in misura maggiore 52 da lavoratori dipendenti o autonomi , per esempio 16 nella ristorazione 6 sono parrucchieri, 2 calciatori 11 commessi o operai.

I disoccupati sono stati chiaramente i più esposti al fenomeno dell’interruzione del percorso terapeutico.

Sostanza di uso primaria: per “sostanza primaria” si intende la sostanza di maggior consumo. Nel campione però la parola “primaria” ovviamente non coincide con il concetto di “unica”: infatti la maggioranza del campione fa uso di più sostanze. La maggioranza del campione 58 soggetti ( 48,33%) si rivolge al Servizio per uso di cocaina, 22 soggetti (18,33%) per uso di eroina, 25 (20,83%)uso problematico di cannabinoidi, 5(4,18%) per  alcolismo, 4 (3,33%) per gioco d’azzardo patologico, 3 per la ketamina, 3 per  metanfetamina (MDMA).

Da questi dati si nota come il TIA riesca a contattare o a farsi contattare più da chi ha problemi con i cannabinoidi che dagli assuntori di oppiacei, evidenziando che per uso problematico intendiamo la compromissione delle attività sociali, culturali, familiari e la perdita di qualsiasi interesse fino ad arrivare alla dipendenza vera e propria come unico scopo.

Sostanze di uso secondarie: nel 65% del campione è stata rilevato il consumo di alcol e cannabis, in misura equivalente. Per quanto riguarda la cannabis, il dato è in accordo con quelli prodotti dal bollettino annuale EMCDDA (Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze) nel 2018:  a farla da padrona è la cannabis, sia in Italia che in Europa, consumata da 23,5 milioni di persone (il 7% della popolazione), di cui 17,1 milioni di giovani under 34 (il 13,9% di loro). L’87% degli europei ha dichiarato di aver consumato cannabis almeno una volta nella vita. Sono tuttavia i giovani a consumarla di più: il 21% dei 15-24 enni, il 16% dei 25-34 enni, il 7% dei 35-44 enni, il 3,6% dei 45-54 enni e solo l’1% degli over 55.

Età di incontro con la sostanza: questa voce si riferisce al momento in cui la persona è entrata per la primissima volta in contatto con quella che poi diventerà la sostanza di uso primaria. Due soggetti sono entrati in contatto con la cocaina per la prima volta a 11 e 12 anni. L’età media del campione è di 16 anni.

Età uso continuo: questa voce si riferisce al momento in cui la persona ha sviluppato un disturbo da uso di sostanza, sempre riferito alla droga primaria. La sostanza che viene usata dalle fasce d’età più precoci è il Thc, seguito dalla cocaina, dai 13-14 anni. L’età media del campione è 17 anni. Questo mostra come mediamente il tempo di latenza tra l’incontro con la sostanza o lo sviluppo di un disturbo da uso di sostanze sia di circa un anno.

Modalità di assunzione: all’interno del campione, la modalità di assunzione più rappresentata è quella “inalata”, utilizzata da 54 soggetti, di cui 43 consumatori di cocaina. 44 soggetti “fumano” le sostanze, 26 dei quali thc, 9 cocaina e 7 eroina; 9 soggetti fanno uso per via “iniettiva”, 7 dei quali fanno uso di eroina, mentre 4 soggetti fumano e inalano cocaina.

Frequenza di assunzione: il 58,3% del campione fa un uso giornaliero delle sostanze: 27 di questi soggetti usano cocaina, 23 thc e 14 eroina. 33 (27,5%) soggetti usano più volte a settimana, mentre 16 una sola volta a settimana. L’assunzione una volta al mese è riferito da un solo utente, eroinomane. Osservando questi dati si nota che la stragrande maggioranza (85,8%) dei ragazzi ha sviluppato una dipendenza significativa con la sostanza d’elezione.

Precedenti terapie:  il 75% del campione è alla prima esperienza terapeutica. Tale dato è forse quello più interessante in quanto è risaputo dai dati delle relazioni al Parlamento sulle tossicodipendenze che , a parte per una richiesta farmacologica, per la maggioranza dei giovani td che si rivolge ad un servizio per un programma terapeutico , questo avviene dopo parecchi anni passati dall’inizio della loro carriera tossicomanica, in quanto una motivazione autonoma in tale fase risulta scarsa. Emerge chiaramente in questo dato come la componente “stimolo famigliare” sia significativa per determinare questa importante differenza.

 

 

Problemi con la giustizia: il 68,3% del campione non ha avuto alcun problema con la giustizia. Tale dato deve suggerire una riflessione in merito all’opportunità di un intervento precoce: infatti, la correlazione tra uso di sostanze e criminalità è sicuramente un dato evidente, ma la giovane età può essere un fattore protettivo, per cui lavorare in questa fase mira a prevenire anche tale fenomeno.

I maggior problemi sono derivati dal piccolo spaccio, 1 per furto, un altro per aggressione, ben 9  per guida sotto effetto o di alcool o di stupefacenti. 2 di loro hanno usufruito della messa alla prova.

Solo un giovane ha usufruito di tale percorso utilizzando un’alternativa alla detenzione, gli altri invece  non avevano una motivazione giudiziaria alla frequenza di Villa Maraini essendo totalmeente liberi.

Ciò nonostante, considerando quasi un terzo di loro erano incappati con problemi legali più o meno lievi, si evidenzia  l’alto tasso di rischio anche in questa fascia d’età.

Aspetti familiari

Tenendo ben presente l’importanza dei fattori individuali e sociali, è evidente come la famiglia sia un fattore cruciale: infatti sia i comportamenti individuali che i mutamenti sociali si riflettono sulla famiglia e contemporaneamente possono esserne influenzati.

Per quanto riguarda la costituzione del nucleo familiare, sono stati presi in esame alcuni aspetti ritenuti rilevanti in accordo con la letteratura.

Il campione è composto per il 22,5% da figli unici (27 soggetti); il 51,6% ha un fratello/sorella (62 soggetti), mentre 30 (25%) soggetti hanno tra 2 e 4 fratelli/sorelle.

Tra i soggetti con fratelli/sorelle, la maggioranza del campione occupa la posizione di primogenito/a (44 soggetti, 36,66%), mentre 36 soggetti sono secondogeniti. I restanti sono terzi o quarti nell’ordine di genitura.

Il 59,1% del campione (71 soggetti) ha, al momento dell’intervento, i genitori uniti, mentre 49 (40,9%) soggetti sono figli di genitori separati.

Nel campione 12 soggetti (10%) hanno avuto storie di dipendenze in famiglia.

47 nuclei familiari (39,16%) hanno seguito e coadiuvato il percorso terapeutico del proprio figlio.

Il Gruppo

L’importanza terapeutica del gruppo in ambito di devianza e dipendenza patologica è ampiamente riconosciuta. Il gruppo è uno spazio all’interno del quale si stabiliscono e si rispettano delle regole condivise, si definiscono linguaggi e si producono schemi relazionali che devono differire da quelli precedentemente appresi per poter avere una valenza ripartiva e correttiva. Il gruppo costituisce uno spazio sicuro all’interno del quale è possibile il rispecchiamento e anche la gestione di dinamiche complesse, specialmente a livello relazionale, che tale setting ha la peculiarità di elicitare ed al contempo contenere. All’interno del setting di gruppo i ragazzi sono sollecitati ad esprimersi, a parlare di sé e a raccontarsi, anche attraverso un linguaggio che non sia solo quello strettamente verbale. Ad esempio, ogni partecipante ha sempre portato e condiviso nel gruppo una canzone che lo rappresentasse, riconoscendo quindi il valore comunicativo ed emotivo del linguaggio musicale così importante in questa fase della vita, che consente di tradurre ciò che spesso è molto difficile esprimere per questi ragazzi. Oltre agli incontri di gruppo all’interno dello spazio terapeutico vengono spesso organizzate attività aggregative, come delle visite ai musei, delle partite di calcio (costituendo la “Squadra del TIA”) e anche una cena.

Nel decennio preso in considerazione si precisa che il gruppo è stato interrotto per poco più di tre anni, dal luglio 2012 al settembre 2015, dopo le insopportabili  perdite del collega Enrico e di un ragazzo, Andrea,  per overdose di eroina.

Hanno partecipato al gruppo 60 ragazzi, la metà dei giovani che si sono rivolti al Servizio. La maggior parte delle cause della mancanza di questa partecipazione risiede in difficoltà organizzative (impegni di studio o lavoro) o nella precoce interruzione del programma.

Nei sette anni di attività sono stati tenuti 215 gruppi a cadenza settimanale, della durata di due ore, escluse le pause estive e natalizie, con 1024 presenze e una media di quasi 5 persone a gruppo, con un picco di presenza di 12 persone e un minimo di 3.

Esiti

Abbiamo estrapolato 5 tipologie di esiti:

  • Drop-out (DR): interruzioni volontarie non concordate.
  • Invii presso altri servizi o trasferimenti (TR) spesso in servizi terapeutici semi o residenziali.
  • Esiti positivi (EP): somma delle situazioni tra: a) distacco dalla sostanza/comportamento, una buona ripresa funzionale dopo un periodo di almeno 8/10 mesi e in seguito solo dei contatti diradati nel tempo, b) programma  portato avanti per almeno 2/3 anni.
  • Pazienti attualmente in carico presso il Servizio (INC)

Vediamo come i il dato DR sia elevato ma diminuisce ben oltre la metà  per chi frequenta il gruppo, mostrandone la capacita protettiva nella ritenzione al trattamento. Infatti per i pazienti che frequentano il gruppo è stato più semplice ed efficace individuare un programma alternativo, ove necessario, senza incorrere in un drop-out, come si vede chiaramente nella tabella sottostante.

Anche gli esiti positivi per chi ha frequentato il gruppo variano con un aumento dal 16,7% al 23,3%.

Il dato  che ci ha particolarmente colpiti e che riteniamo fondamentale sottolineare, risulta essere l’importanza del coinvolgimento famigliare.

Dei 120 ragazzi passati al TIA,  47 di loro (39%) hanno avuto il supporto della famiglia. Possiamo già pensare come il restante 61% abbia fatto fatica da solo in questo percorso e come l’alto numero di DR totali (63,33%) coincida numericamente, ma questo dato vola quando osserviamo il dato relativo ai familiari dei ragazzi che hanno seguito il gruppo, 39 (65%), aumentando ulteriormente il fattore protettivo e convincendoci sempre più a voler coinvolgere i famigliari in questa avventura che, partendo da una “disgrazia”,  per alcuni di loro si è rivelata una opportunità di crescere come persone e come genitori.

Considerazioni finali

Il numero degli esiti positivi (EP), gli invii (TR) e i ragazzi tuttora in carico (INC), arriva al 36,67% per il campione generale e al 60% per i partecipanti al gruppo, mantenendosi in linea con la media dei trattamenti in questo campo, aumentato fortemente per chi partecipa al gruppo ma non dimenticandone la particolarità, evidenziandone così l’efficacia del Programma e il benessere prodotto.

Il coinvolgimento dei familiari dei ragazzi si è dimostrato una variabile importante, in quanto il sostegno di cui le famiglie hanno beneficiato ha permesso loro di intervenire al meglio sui ragazzi anche nella quotidianità, rafforzando e mantenendo i miglioramenti raggiunti nel percorso terapeutico. È stato molto importante per i genitori non sentirsi soli, sperimentando un contesto all’interno del quale poter parlare del proprio malessere e delle proprie preoccupazioni senza sentirsi giudicati. Infatti, così come la stigmatizzazione colpisce le persone tossicodipendenti,  colpisce anche  le loro famiglie, riducendone le risorse e l’autoefficacia.

Un altro punto centrale emerso dal lavoro con i Giovani è quello relativo alla costruzione dell’alleanza, prima di lavoro e poi terapeutica. In questa fascia di età i ragazzi sono quasi sempre “in luna di miele” con la sostanza, e il loro arrivo presso il Servizio è spesso veicolato e spinto dalle famiglie: la motivazione, dunque, è di natura eteronoma e non autonoma. Creare una relazione di fiducia con il giovane paziente è il primo e fondamentale passo, senza cui è impossibile proseguire il percorso, ma ovviamente presenta molte difficoltà.

Gli aspetti che caratterizzano la tarda adolescenza/prima giovinezza (ricerca del rischio, ricerca di una maggiore sicurezza relazionale, ricerca di emancipazione e appartenenza, necessità di difendere la propria reputazione e costruire la propria identità) rappresentano indubbiamente delle criticità nella creazione di un’alleanza, ma allo stesso tempo sono le uniche che la rendono possibile, se riconosciute e sfruttate adeguatamente. Il compito del clinico è quello di sintonizzarsi con il giovane, ascoltarlo e permettergli di “essere visto” per quello che è, non scivolando nel permissivismo né nella rigidità punitiva.

Sperimentare una relazione di fiducia con un adulto diverso dai propri genitori o dalle proprie figure di riferimento permette al giovane di scoprire nuovi aspetti di sé, costruire delle alternative alla tossicodipendenza e mobilitare le proprie risorse, muovendosi verso una definizione identitaria che non sia “tossica”.

All’interno di questa cornice, il gruppo ha rappresentato un aspetto fondamentale, in quanto attraverso il rispecchiamento con i pari ogni giovane paziente può riflettere su di sé, mobilitando la propria empatia, il proprio pensiero critico e imparando a condividere il proprio mondo interno.

Rispetto alle sostanze, emerge chiaramente come la cocaina sia la sostanza maggiormente usata dai giovani pazienti del Servizio e tale dato rispecchia una realtà più ampia. La cocaina è una sostanza eccitante, capace di indurre vissuti di euforia, onnipotenza, aumentata energia e benessere e soprattutto di creare “uno stacco, una alienazione” rispetto ad una quotidianità vissuta come noiosa, dolorosa o estenuante. La “normalizzazione” dell’uso di sostanze all’interno di alcuni luoghi e contesti, insieme alla maggiore fruibilità delle droghe attraverso molti mezzi, è un grande nemico contro cui è importante combattere mobilitando più risorse possibile.

Cercare di capire non “al posto dei ragazzi” bensì “insieme a loro”, creando significato e senso in un periodo storico in cui il mondo interno non viene considerato in modo complesso in favore di un apparire sempre più sterile e strumentale, è la strada attraverso la quale un giovane può davvero decidere di riprendere in mano la propria vita.

Alla luce di questi anni di lavoro riteniamo che la strada intrapresa sia quella giusta e che la creazione di un percorso specifico per i giovani sia un valore aggiunto che permette il raggiungimento degli obiettivi in modo più fluido.

Sostenere il cambiamento di ogni persona che è dipendente dalle sostanze è una sfida difficile e gratificante, osservarne la rinascita e vederne rifiorire le risorse, ma vedere un giovane riprendere in mano la propria vita è qualcosa di profondamente emozionante, poiché poter scegliere se stessi è un’occasione preziosa per poter fare della propria vita un capolavoro.

 

 

 

Bibliografia

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