La vita di Fausto al tempo del coronavirus, carcerato e tossicodipendente ora in cura presso il Centro Alternativo alla Detenzione di Villa Maraini e di sua moglie Carla, casalinga incinta e già madre di 5 figli, durante questo periodo di restrizione delle libertà individuali per tutta la popolazione, non solo per quella carceraria.
“avevo 17 anni quando una ragazza del mio gruppo mi ha offerto la cocaina, io l’ho pippata davanti a tutti per sembrare più coraggioso e non un pauroso, debole che non merita rispetto. La prima assunzione non mi ha lasciato nulla, ma poi c’è stata la seconda, la terza e così via, fino a quando ho capito di avere una dipendenza che potevo alimentare solo spacciando, visto che di lavoro dalle mie parti non ce n’era e a rubare non ero capace: all’età di 14 anni ho provato a fregare un motorino ma m’hanno subito beccato.” Così inizia la storia da tossicodipendente di Fausto 40 anni di Roma, nato e vissuto in un quartiere periferico della Capitale, in una famiglia dove il padre faceva il piastrellista ed idraulico e la madre casalinga; unico maschio di 4 figli, dall’età di 17 anni, dopo anni di canne, passa alla cocaina che diventerà la sua sostanza di abuso.
Carla, 39 anni romana, conosce Fausto da quando aveva 8 anni perché le loro mamme erano molto amiche:
“…ma le nostre strade si dividono per un bel pezzo perché facevamo vite diverse, io ho trovato un compagno, lui un’altra donna dalla quale ha avuto anche dei figli. Qualcosa però continuava a legarci, ci vedevamo clandestinamente e la cosa è durata parecchi anni, abbiamo avuto anche un figlio fino a quando Fausto va in prigione. Era difficile per me andarlo a trovare per le regole del carcere, così dopo 2 anni che era lì, decidiamo di sposarci, proprio a Rebibbia.” precisa Carla.
Fausto verso i 25 anni aveva iniziato con degli “amici” a spacciare seriamente e quotidianamente, non più solo per coprire il proprio “fabbisogno” di sostanza, ma come lavoro, per mantenere sè e i suoi figli. Per 8 anni tutto “bene” fino a quando, all’età di 33 anni, viene arrestato con un’accusa molto pesante e finisce a Rebibbia nell’area di massima sicurezza.
“All’ingresso in carcere non mi sono dichiarato “tossico” perché per me il tossicodipendente era solo l’eroinomane, quindi non sono stato preso in carico dal SER.D interno all’istituto penitenziario e non sono stato assistito in alcun modo. Continuavo quindi a usare cocaina anche in prigione per non andare in astinenza. Era dura stare dentro e sapere che fuori avevo moglie e figli che mi aspettavano, ma la condanna era davvero lunga da scontare, così ho deciso di chiedere aiuto per farmi riconoscere la condizione di tossicodipendente, anche per cercare un’alternativa di cura.”
Siamo nel 2015 quando Fausto entra in contatto con il Progetto Carcere di Villa Maraini e inizia il percorso per poter chiedere le misure alternative.
“…io da casa tormentavo di lettere e telefonate Elena e Roberta, operatrici di Villa Maraini, per farlo rientrare nel percorso di cura in Fondazione e nel frattempo andavo a fare i colloqui in carcere, dove portavo anche i bambini. Un’ora di colloquio volava via subito, soprattutto dopo averne fatta minimo un’altra ora e mezza di controlli e attesa. Ricordo ancora un 23 dicembre, arrivai a Rebibbia con i bambini alle 9 ed entrammo in sala visite alle 17, immaginate il nostro stato d’animo! Lui mi diceva che voleva uccidersi, perché si sentiva oppresso dalla mancanza di libertà e di prospettive. Io l’ho sempre consolato, ma forse non lo capivo del tutto. Ora che sto vivendo questa situazione di quarantena per il COVID19 mi sento in carcere anche io, con diverse prospettive certo, ma capisco purtroppo che si prova ad essere recluso. Sola con 5 figli dai 7 ai 14 anni, incinta, non posso più andare al parco con loro, niente passeggiate, nemmeno un gelato per i più piccoli, niente di niente. Ora tutti noi cittadini a “piede libero” possiamo capire che si prova ad essere privati della libertà, pur non avendo compiuto nessun reato.” continua Carla.
A Febbraio 2020 arriva la decisione del giudice che assegna a Villa Maraini il compito di prendere in carico Fausto, affinchè affronti un percorso di cura che lo renda libero, una volta scontata la pena, anche dalla sostanza.
“Fausto è cambiato da quando ha iniziato il percorso di cura a Vila Maraini; si era molto incattivito in carcere e non mangiava, era silenzioso, isolato e soprattutto usava sostanze, ma grazie agli psicologi e operatori che l’hanno ascoltato, stabilendo in accordo con lui un percorso di riabilitazione ad hoc, a Villa Maraini la situazione per lui è davvero cambiata.” aggiunge Carla.
“Stare di nuovo vicino alla mia famiglia mi ha fatto vedere il futuro con una prospettiva diversa. Mi sento trattato come una persona, senza pregiudizi sul mio passato. Vorrei terminare il percorso di cura e la detenzione, per cercare poi un lavoro nell’edilizia, mettendo in pratica quello che avevo imparato da mio padre. A ottobre sarò per la sesta volta padre, può sembrare banale o scontato, ma questo mi dà ancora più motivazioni per non ricadere nei vecchi errori.” precisa Fausto.
“I più felici che il padre stia a Villa Maraini sono proprio i nostri figli, perché possono trascorrere del tempo di qualità con lui e non devono più subire tanto stress nell’entrare in un carcere. Fino a che non ci sono state le misure restrittive per il coronavirus, potevamo andarlo a trovare la domenica dalle 10 alle 18, riuscendo pure a pranzare insieme e anche se vedevamo arrivare la macchina dei Carabinieri più volte al giorno per i controlli, la cosa era totalmente diversa dal carcere. Questo ci ha portato a ritrovarci molto come famiglia e ha migliorato la volontà di Fausto al cambiamento, che per me è la cosa più importante dandomi speranza per un futuro diverso.” conclude Carla.
Questa storia ci parla in piccolo di un problema che nel mondo è enorme:
➢ più di 10 milioni le persone in carcere, di cui 1 su 5 sta scontando pene legate a reati per droga;
➢ circa un terzo delle persone in carcere ha fatto uso di droghe almeno una volta durante la detenzione.
Per questo Villa Maraini ha promosso e contribuito alla realizzazione del Manifesto “Rome Consensus 2.0, per una politica umanitaria sulle droghe” proprio per influenzare a livello mondiale i governi, fornendo loro delle soluzioni concrete e basate su evidenze scientifiche, per affrontare il tema delle dipendenze. Si propone per esempio, su modello americano, che le forze di polizia e le autorità giudiziarie possano attuare programmi di ‘deflection’ per reindirizzare le persone che fanno uso di droghe verso servizi di prevenzione e cura, invece di punirle ed incarcerarle.
E’ importante che questo documento venga firmato da più persone possibili per mostrarne il reale interesse dell’opinione pubblica ai governanti.
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A CURA DI STEFANO SPADA MENAGLIA
AREA COMUNICAZIONE FONDAZIONE VILLA MARAINI ONLUS