Ci si potrebbe chiedere come una semplice gita ad un parco archeologico/naturalistico come quello di Bomarzo possa essere utile al fine di riabilitare un gruppo di detenuti ex-tossicodipendenti o con problemi di dipendenza in genere. Una domanda che potremmo rivolgere al responsabile del Centro Alternativo alla Detenzione di Villa Maraini, un servizio dove l’utente si deve rendere disponibile ad affrontare un percorso terapeutico impegnativo.

Domanda che si fa più interessante e pressante visto che si tratta di utenti che sono finiti in carcere per reati legati proprio al loro problema di dipendenza e che debbono finire di scontare la pena. C’è un giudice infatti, che ha concesso al detenuto di utilizzare il tempo residuo di pena per affrontare un percorso terapeutico alternativo alla detenzione presso la nostra struttura. Un’opportunità unica e da sfruttare al meglio per far in modo che l’utente sia restituito alla propria libertà non solo disintossicato, ma con quegli strumenti che gli consentiranno di svolgere una vita totalmente diversa da prima. Proprio per questo e per far in modo che il lavoro dei giudici, operatori sociali, psicologi e su tutti quello del detenuto sia fruttuoso, bisogna che, ad un dato momento del percorso terapeutico, si sperimenti quello che molti di noi, nel nostro status di liberi cittadini facciamo quotidianamente, come una gita. Mettere in pratica quel reinserimento sociale che lo stesso sistema carcerario auspica per il detenuto, il quale lucido perché libero da sostanze, può comprendere appieno la realtà che lo circonda e l’opportunità che gli viene data.

“Avevo una vita chiamiamola “normale”, con moglie e figlio, un buon lavoro e l’affetto dei fratelli, poi la morte di mia madre mi ha fatto precipitare in una depressione tale da spingermi ad usare la cocaina come antidepressivo”  Roberto 51 anni inizia ad consumare 10 anni fa e da Capo Cassiere in banca, decide di licenziarsi perché incapace di gestire consumo e lavoro e inizia a spacciare, finendo in carcere dove rimane per 19 mesi, fino a quando non entra in contatto con il Progetto Carcere di Villa Maraini che lo aiuta ad inserirsi nel nostro CAD (Centro Alternativo alla Detenzione).

Prosegue Roberto: “fino a pochi anni fa non immaginavo nemmeno lontanamente che sarei stato costretto a dover condividere in carcere, la quotidianità con persone tanto diverse da me. La droga mi ha fatto anche questo, proiettandomi in un mondo che non era il mio. Passare dal carcere a Villa Maraini è una grande possibilità che mi è stata data. Così l’altro giorno mentre facevo una passeggiata nella natura e tra le bellezza artistiche, in compagnia di altri del gruppo, è stata una sensazione molto bella che non provavo da tempo. Sono riuscito a capire meglio i ragazzi con cui sto facendo questo percorso di cura, perché essere fuori dal contesto quotidiano di cura, ci ha permesso di far emergere alcuni aspetti nuovi di noi, consentendoci di vedere l’altro sotto un punto di vista diverso da prima. Io sono riuscito sin dal primo giorno in carcere a non consumare più cocaina, ma ora sto capendo come, una volta uscito di qui, possa tornare a godermi il figlio ormai ventenne che mi sta molto vicino, come un mio fratello e  anche una nipote che non mancano mai di venirmi a trovare quando abbiamo un colloquio familiare, senza cadere nuovamente nella spirale del consumo.”

Roberto deve scontare ancora un anno e mezzo di pena che passerà a Villa Maraini dove proseguirà contestualmente anche il percorso di cura.

Presente a Bomarzo anche Adriano 53 anni dall’età di 15 anni dipendente dall’alcol, dopo aver fatto il falegname, finisce in strada abbandonando il suo lavoro per poter assecondare la sua dipendenza e per questa compie reati che lo porteranno in carcere.

“Avendo avuto problemi di salute legati alla difficile vita che facevo in strada, mi stavo tenendo ai margini del gruppo terapeutico del CAD, anche perché in generale ho un carattere molto chiuso che mi ha spinto verso l’alcol utilizzato a supporto della convinzione che amassi quel girovagare per l’Europa senza meta ed in solitudine. E’ stato sorprendente scoprire, durante la visita a Bomarzo, che mi preoccupavo degli altri, di non lasciare nessuno indietro durante la visita e quanto mi piacesse condividere qualcosa di normale con loro. Una cosa forse banale come prendere un caffè al bar, cosa che non facevo da anni, stando lì a sentire le persone parlare tra loro del più e del meno e dei problemi del nostro Paese, mentre di sottofondo si sentiva il rumore dei cucchiani da caffè nelle tazzine. Ho provato un senso di libertà vero in tutto questo, non come prima che ero libero di andare dove volessi, ma restavo schiavo della dipendenza che offuscava tutto quello che vedevo e anche i miei sentimenti.”

Adriano deve scontare l’ultimo anno di pena che passerà a Villa Maraini dove gli operatori e psicologici si occuperanno della sua salute fisica e psicologica preparandolo ad una nuova quotidianità.