Carla 79 anni romana nata nello storico quartiere di Testaccio, sposata con 2 figli, un giorno d’estate apre gli occhi e ammette a se stessa che il figlio, all’epoca ventiduenne, ha problemi gravi di dipendenza patologica da sostanze. La storia di Pierluigi l’abbiamo già raccontata e adesso abbiamo raccolto la testimonianza della madre, che ci darà una prospettiva diversa, quella di chi si è trovata involontariamente a farsi carico di un problema di cui non conosceva nulla o quasi. (Per leggere la storia di Pierluigi clicca qui https://villamaraini.it/un-natale-particolare/)
“ Vivevamo in un quartiere di Roma che all’epoca era considerato popolare, dove i ragazzi giocavano in strada, parliamo di 30/40 anni fa e dove la droga era una cosa quasi sconosciuta soprattutto alle persone della mia età. Io e mio marito lavoravamo entrambi in enti pubblici, io avevo un lavoro anche di responsabilità e quindi spesse volte mi trovavo lontana da casa. Pensavo che lavorare così tanto, anche fino a tarda sera, mi avrebbe fatto guadagnare di più e così avrei potuto offrire ai miei figli quel futuro ‘migliore’ che i miei genitori non mi avevamo potuto dare. So che chi ci legge ha già potuto conoscere la storia di mio figlio e di altri utenti in cura a Villa Maraini per problemi di droga, quindi ho accettato di raccontare la mia versione, anche per dare voce a quelle madri che, come me, si sono trovate ad affrontare situazioni simili.”. Precisa Carla iniziando il suo racconto:
“Ci consideravo una famiglia cosiddetta normale in cui noi genitori lavoravamo, mentre i figli venivano affidati ai nonni crescendo in un contesto sociale semplice ma con dei valori. Vivere a Testaccio voleva dire che tuo figlio si trovava spesso in strada a giocare, ma pensavi di tenere tutto sotto controllo, infatti, per esempio, quando era ora di farlo rientrare, bastava che mio marito si affacciasse alla finestra e con un cenno lo richiamasse in casa. Tutto questo era rassicurante, poi Pierluigi era un ragazzo tranquillo, fino all’età di 12 anni l’ho visto giocare con i Big Jim, quindi mai avrei potuto pensare che, di lì a poco, avrebbe potuto iniziare l’uso di sostanze. Ogni tanto lo vedevo strano ma siccome era un taciturno, come il padre del resto, non pensavo che la cosa fosse strana, o forse non volevo vedere. Mi sono sempre chiesta in questi anni se fosse stato più forte in me il ‘non voler vedere’ oppure il ‘non capire realmente’ quello che stavo succedendo.” Spiega Carla che prosegue:
“Il ragazzo cresce, finisce le scuole, gli troviamo un lavoro in un ente pubblico, ma all’età di 22 anni mette incinta la ragazzetta con cui stava e così decide di sposarla e di andare via di casa. Lì iniziano i problemi, perché lui, avendo più difficoltà a nascondersi, invece di diminuire il consumo lo aumenta, quasi in parallelo all’aumento delle responsabilità verso la nuova famiglia ormai divenuta di 2 figlie. Il matrimonio dopo pochi anni, per colpa dell’abuso di sostanze finisce e io decido di riprenderlo in casa. Fu un dramma perché io, come Mamma, volevo credere alle bugie che mi diceva, ma i racconti della moglie e lo stato in cui tornava a casa certe volte, mi lasciavano il dubbio. Così iniziai a parlarne con mio marito ma lui non ci voleva credere e diceva che ero paranoica, d’altronde mio marito era un militare impegnato quasi sempre fuori casa e quindi non vedeva quello che succedeva. Anche io proseguivo a lavorare, quindi non potevo avere un controllo totale della situazione. Nel frattempo Pierluigi si era fatto licenziare dall’Ente Pubblico dove lavorava e così per drogarsi, senza chiederci soldi, ha iniziato a vendere tutte le sue cose, anche il violino strumento cui era molto affezionato e ad accumulare debiti verso gli spacciatori. Con mio marito anche quando avevamo capito la gravità del problema, non abbiamo mai chiesto aiuto perché ci vergognavamo, sentivamo che lo stigma avrebbe colpito anche noi e quindi abbiamo cercato di gestire la cosa per conto nostro, convinti che sarebbe bastata la volontà di Pierluigi per farlo smettere.”
Come raccontano spesso, la preoccupazione maggiore di un genitore è risolvere subito il problema distogliendo il proprio figlio dalla droga anche attraverso il lavoro, per dargli quello stile di vita ‘normale’ che è stato abbandonato.
“Nonostante tutto decidemmo di investire dei soldi per comprare una libreria dove farlo lavorare. Nella nostra ignoranza credevamo che trovandogli un altro lavoro, per di più tutto suo, gli avremmo dato lo stimolo per togliersi l’idea della droga. Fu un errore gravissimo perché per assurdo si rivelò anche bravo nel suo lavoro, tanto da crearsi una disponibilità economica che peggiorò la sua condizione: poteva farsi sempre e comunque senza bisogno di nascondersi da noi e senza dover chiedere soldi a nessuno, tra l’altro iniziò ad usare la libreria come una casa uscendo totalmente dal nostro controllo.” Racconta Carla che aggiunge:
“ Anche la libreria andò in fumo, fummo costretti a svenderla per pagare gli alimenti che giustamente la ex moglie chiedeva e che ancora ringrazio per averli pretesi, dandoci l’occasione di togliergli quella fonte di guadagni e indipendenza, salvandogli probabilmente la vita dal baratro.”
Pierluigi, trovandosi di nuovo senza nulla, decide di andare in cura in una comunità antidroga di Viterbo, dove però il percorso fallisce e Carla ci racconta:
“Fallito anche questo tentativo di cura, decisi di portarlo da uno psichiatra esperto di dipendenza patologica qui a Roma, ma gli diede solo psicofarmaci che lo stordivano e basta. Così lo accompagnai al suo SERD di riferimento e lì incontrammo il Dott. Marasca che ci consigliò Villa Maraini per provare di nuovo un percorso comunitario.”
Villa Maraini entra nella storia di Carla e suo figlio Pierluigi, ormai alla soglia dei 50 anni, che esausti e sfiduciati trovano accoglienza dagli psicologi della Fondazione:
“Ci propongono il percorso comunitario per Pierluigi e per me e mio marito suggeriscono di far parte del gruppo genitori, cosa che abbiamo accettato subito. Sin dal primo incontro ho potuto ascoltare i racconti di genitori come noi, persone per bene che si sono trovati ad affrontare un calvario cui non sapevano come porre rimedio. Tanti racconti fatti e ascoltati e per assurdo mi sono sentita, se così si può dire, quasi consolata, perché ho capito che alla fine Pierluigi, nella sua malattia, non è stato così aggressivo o pericoloso per sè e per gli altri. Come dicevo, lui non ha mai chiesto nulla di soldi né ci ha mai usato violenza fisica o verbale. Certo me ne ha combinate tante, come quella volta che sparì per 3 giorni e io disperata vagai per Roma con mio marito per trovarlo. Incontravo solo spacciatori arrabbiati che mi chiedevano soldi per le dosi che aveva preso ma non pagato, così decisi di regolare io i suoi conti per non metterlo a rischio in caso lo trovassero prima di me. Poi un Carabiniere mi consigliò di andare vicino alla Cristoforo Colombo, dove c’era all’epoca una sorta di accampamento con giro di spaccio. Arrivata vidi la sua macchina, lo trovai ma nulla, non volle venire via con noi. A quel punto non mi interessava più, mi bastava averlo trovato e saperlo vivo.”
Mille sono le domande che nel tempo un genitore si fa in queste situazioni, come
Carla che prosegue:
“A volte mi domando: ma se avessi lavorato di meno? Mi sarei accorta? Poi vedo la figlia femmina che ha avuto la stessa educazione e non ha avuto problemi e non so darmi spiegazioni. Comunque sento di averli trascurati per il lavoro, ma lo facevo per lasciargli qualcosa che a me nessuno aveva dato, non credevo di fare danni alla famiglia e ancora oggi non ho la certezza di aver sbagliato e che le cose sarebbero potute andare diversamente.”
Carla nei tanti anni di dipendenza attiva del figlio, non ha mai perso il contatto con la ex nuora e soprattutto con le nipotine:
“ La ex moglie di Pierluigi è stata una donna intelligente, mi ha concesso di vedere spesso le miei nipoti, con le quali ho cercato di fare la super nonna per sopperire alle mancanze di mio figlio, che di certo non è stato un padre presente. Le vedo spessissimo e ora che Pierluigi sta meglio e cerca di recuperare un rapporto con loro, sono contenta di vedere, come è successo ieri sera che eravamo tutti a cena a casa mia, che le ragazze parlano con il papà come se fosse un amico.”
Come tutte le mamme, Carla pensa al futuro del figlio preoccupandosi molto di cosa succederà quando lei e il marito non ci saranno più:
“Il futuro non lo vedo roseo, perché Pierluigi potrebbe avere problemi ad avere un lavoro e poi temo sempre nelle ricadute, ma ora sono più serena perché vedo che qui in Comunità a Villa Maraini sta bene e penso che potrà sempre far riferimento a loro in caso di bisogno, quindi ci sarà sempre qualcuno anche dopo di me.
Questa cosa del figlio drogato mi ha cambiato la vita e vorrei non fosse mai accaduta, ma di una cosa sono orgogliosa e vorrei ribadirla: io non ho mai perso il rapporto con mio figlio, ho cercato sempre di stargli vicino in tutti i modi anche sbagliando, ma comunque c’ero, sia io che mio marito, perché come madre non riuscivo a scordarmi che dietro a quella persona ‘strafatta’ di droga, c’era il bambino che avevo cresciuto e che ricordavo giocare nella vasca da bagno con i Big Jym.”, conclude Carla.
A cura di Stefano Spada Menaglia
Area Comunicazione Fondazione Villa Maraini