Marco, 26 anni ex cocainomane, utente della Comunità Terapeutica di Villa Maraini, ha voluto raccontarci la sua storia in prima persona, per testimoniare quanto si può cambiare per colpa dell’assunzione di sostanze:

“Sono nato in un piccolo paese del sud Italia, dove ho trascorso la mia infanzia ed adolescenza circondato, come noto, da una larga sacca di criminalità.

Le strade su cui camminavo io fin dall’età di 13 anni erano per me piene di gioia e di sorrisi.

Ero il più piccolo della famiglia e passavo le giornate a casa dei miei nonni, soprattutto con mio nonno, che mi portava con lui e mi raccontava molte storie, soprattutto della loro infanzia, che non so perché, ma mi affascinavano moltissimo e le avrei riascoltate mille volte. Spesso ci recavamo in campagna, dove curavamo gli animali dell’allevamento,  preparavamo l’orto ed io mi sentivo il ragazzo più felice del paese, libero con mio nonno in mezzo alla natura della nostre parti. Ero talmente legato ai nonni che volevo andare sempre a mangiare da loro e di questo un po’ i miei genitori si dispiacevano, in quanto mi ero tirato un po’ fuori dal mio contesto familiare. Tutto, secondo il mio modo di vedere era perfetto, in più essendo in un’età difficile, i 12/13 anni, grazie a mio Nonno, mi tenevo lontano dai cosiddetti “brutti ambienti”. Ancora ricordo che con un solo sguardo, riusciva a bloccarmi.

Ma un giorno è successo un fatto che ha cambiato per sempre la mia vita: l’incidente d’auto dove mio Nonno morì davanti ai miei occhi.

Da quel momento mi sono sentito come un pesce fuori dall’acqua, per soffocare il dispiacere ho iniziato a fumare cannabis. Poi la voglia di allontanarmi dall’ambiente familiare in cui percepivo forte la mancanza di mio Nonno, mi ha portato, insieme ad un amico di scuola, a frequentare persone più grandi di me e che facevano parte di quelle “cattive frequentazioni”, da cui ero stato tenuto lontano fino a quel momento. Così mi avviavo verso una strada che si rivelerà molto sbagliata. Ero stato attirato nel gruppo dal fatto che potevo comprare cannabis, ma soprattutto perchè vedevo che giravano molti soldi. Dovevo alimentare la mia dipendenza così, con la promessa di soldi facili, ho iniziato a spacciare hashish e marjuana. Non capivo bene quello cui stavo andando incontro e dal momento in cui ho iniziato a spacciare il “fumo”, è stato un attimo passare a vendere sostanze più pesanti come cocaina ed eroina. Ormai ero dentro, era accaduto quello che temeva e dal quale mi voleva preservare mio Nonno, facevo parte di un gruppo criminale ben strutturato, con regole ben stabilite.

L’iniziazione fu fatta ripetendo giuramenti, facendo tatuaggi ma soprattutto attraverso riti religiosi su base cattolica.

Da quel momento in poi una volta a settimana dovevo partecipare alle riunioni in cui tutti insieme pregavamo durante vere e proprie cerimonie religiose, della durata di molte ore, per invocare la protezione celeste, che ci salvasse la vita e aumentasse i nostri profitti.

Come avviene spesso in queste situazioni, mentre spacciavo cocaina, un giorno decisi di provarla con alcune persone del gruppo, che già ne facevano uso di nascosto, perchè era vietato consumarla apertamente, visto che i capi dell’organizzazione, ritenevano che non saremmo più stati affidabili se alterati dalla sostanza e che, se arrestati, avremmo potuto tradire l’organizzazione, raccontando quanto sapevamo. Incurante di questo, per circa 8 anni, sono andato avanti spacciando e consumando cocaina, convinto che fosse una cosa normale o comunque non pensando alle conseguenze negative. La mia famiglia era cosciente delle mie azioni in quanto, più volte, avevano trovato la “roba” che avrei dovuto spacciare, facendo anche in modo di farla sparire, provocando la mia reazione violenta.

Ma tolto questi episodi le mie attività di spaccio proseguivano, ma andando sempre peggio, perché quando si fa parte di un gruppo criminale, non ci si può limitare allo spaccio, ma le richieste da parte dei capi sono sempre maggiori, includendo anche reati contro il patrimonio e le persone.

Per questo motivo, ho iniziato a perdere molti amici del gruppo, che hanno pagato i loro crimini,  molti finendo in prigione, ma altri ammazzati.

Tutto è cambiato proprio quando ho vissuto un episodio scioccante in prima persona: avevo 21 anni, ero con un mio amico di 15 anni in un bar del paese dove fummo aggrediti da un gruppo criminale rivale, io presi una coltellata di striscio ma il mio amico fu preso in pieno petto e morì. Lo choc mi fece aprire gli occhi, capii che prima o poi sarebbe arrivato anche il mio turno. Da qui la voglia di uscire dal gruppo, per farlo mi sono rivolto ad alcuni amici e parenti che mi hanno fatto allontanare dal paese mandandomi a Roma. La cosa ha funzionato,  la mia vita prese una nuova direzione anche grazie ad un incontro che feci durante una festa di compleanno, dove conobbi quella che sarebbe diventata la madre di mio figlio. Marta non usava sostanze, io continuavo in segreto e per un anno sono riuscito a tenere nascosto il fatto, ma una volta scoperto,  sapendo anche che stavo per diventare padre, entrai in una comunità nei pressi di Roma. Ci  rimasi molto poco, solo 2 mesi, un pò con la scusa che era nato mio figlio, ma soprattutto perché mi ero illuso che il fatto di essere stato lontano dalla cocaina per 2 mesi, avesse risolto il mio problema di dipendenza. Una volta fuori ho ricominciato a lavorare come operaio, ma alle prime difficoltà, dopo appena un mese, ho sentito il bisogno di ricominciare con una vita sregolata fatta di consumo di droga e alcol. Da lì sono partiti ben 2 anni di consumo regolare.

La mia compagna era molto sfiduciata e scontenta, così decisi di mettermi su internet per cercare una nuova comunità dove tentare un nuovo percorso di cura, ma la cosa si rivelò molto difficile. Tutti mi davano appuntamenti ad un mese di distanza, io stavo sempre più male perché l’utilizzo di cocaina stava facendo molto male alla mia vita di padre e compagno.

Cercando sempre su internet mi sono imbattuto in Villa Marini, ho chiamato e mi hanno fissato l’appuntamento il giorno stesso, ovviamente sono subito andato ed ho iniziato il percorso presso il Centro di Prima Accoglienza che la struttura offre a chi è appena arrivato.  Mi spiegarono che il periodo da passare al CPA era fondamentale per poter poi iniziare un percorso di cura ad un livello più intensivo. Da lì quindi sono scattati i circa 2 mesi di frequenza assidua del Centro, dove si deve appunto dimostrare la reale intenzione ad intraprendere un percorso più strutturato e difficile, come quello offerto dalla Comunità Terapeutica di Villa Maraini.

Una volta finiti i 2 mesi sono passato alla Comunità che essendo semiresidenziale mi permette di tornare a casa dalla famiglia, circostanza che si sta rivelando importantissima e vincente.

Per fortuna non ho reati da scontare quindi mi posso dedicare alla riabilitazione supportato dalla mia compagna e dalla famiglia d’origine che non mi ha mai abbandonato.

Oggi posso dire che la mia vita è come un libro, che è stato scritto solo a metà, ora posso aggiungere la parte in cui il protagonista inizia a sorridere, dopo tanta sofferenza, riuscendo ad affrontare le situazioni da lucido e con la voglia di guarire per sempre.

Sono molto orgoglioso del me stesso di oggi, ho la fortuna di avere una moglie ed un figlio stupendi e che mi amano, per questo sò e voglio scrivere di persona il libro fino alla fine, ovviamente ritengo che ci sarà il lieto fine!”